Codici delle induttanze e calcolo

 

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Le induttanze o per meglio dire INDUTTORI sono costruiti in decine di modi diversi, ed e' per questo che c'è una certa difficoltà a riconoscerle per applicarle ai nostri corcuiti.

 

Realisticamente il modo migliore per capire il valore di un induttore e'.... usare uno strumento dedicato allo scopo.

 

Se siamo fortunati c'è scritto sopra il valore in micro Henry

 

o aime' dobbiamo affidarci e fidarci  della parola del commerciante che ce le fornisce.

 

Ma fate attenzione perchè le induttanze non sono sempre ESPLICITAMENTE riconoscibili...

 

 

           e a volte si presentano sotto forma di comunissime.. RESISTENZE!!

fate quindi molta attenzione quando utilizzate componenti recuperati da altri circuiti o se acquistate componenti elettronici di aspetto SIMILE tra loro altrimenti poi a casa cominciano i dubbi e i problemi!

 

Di solito le induttanze "sospette" si riconoscono perche' sono piu' ABBOMBATE agli estremi rispetto alle resistenze

e poi il colore di BASE e' quasi sempre verdino o celeste.

 

COMUNQUE visto che molto spesso il CONTENITORE dei due oggetti e' IDENTICO, per fugare ogni dubbio si puo' procedere nel seguente modo:

Conoscendo il codice dei colori  delle resistenze (es. marrone,rosso marrone), misurare col tester (scala in ohm) il valore del componente da controllare,  se è una resistenza, con un tester, misurerai circa 120 Ohm,  se invece è un induttore, con un tester, vedrai un cortocircuito (o quasi)  e sarà L = 220uH  (microHenry).
Per la misura del suo valore dovresti usare un induttanzimentro.

Ricordando che: se è una induttanza e si applica una tensione costante, l'induttore si comporta come un corto
(si misurera' la sola resistenza del filo che la compone).

 

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CALCOLI E NOTE SULLE INDUTTANZE 

 

Come avviene per il condensatore, che rimane caratterizzato da un certo valore capacitivo, così accade per la bobina e, più in generale, per tutti gli avvolgimenti elettrici, che vantano una propria induttanza. E questa è tanto più grande quanto maggiore è il numero di spire che compongono la bobina. Inoltre essa aumenta coll'aumentare del diametro dell'avvolgimento, col diminuire della sezione del filo e con l'aumentare della permeabilità del nucleo, se questo esiste. Ma dipende pure dal rapporto tra diametro e lunghezza dell'avvolgimento, dal tipo di avvolgimento, da quello del conduttore, che può essere monofilare o multifilare e dalla spaziatura tra spira e spira.
Anche l'induttanza, come ogni altra grandezza elettrica, vien definita tramite un'unità di misura, I'henry (abbrev. H) e i sottomultipli di questo.

 

H = henry

mH = millihenry (millesimo di H)

uH = microhenry (milionesimo di H)

 

L'induttanza ha per simbolo la lettera L, come si può osservare in figura 1, nella quale, in alto, è riprodotto il segno grafico di una bobina munita di nucleo, in basso quello di una bobina avvolta in aria.

 

 

Fig. 1 - Simboli e sigle normalmente impiegati per segnalare le induttanze. Quella riportata più in alto si riferisce ad una bobina munita di nucleo ferromagnetico, quella disegnata in basso indica una bobina avvolta in aria.

 

 

 

Negli apparecchi radio si possono trovare bobine, avvolte su nuclei di ferrite. con valore di induttanza elevato, per esempio di 10 H; ma se ne trovano altre, più piccole, montate nei circuiti di alta frequenza, il cui valore oscilla fra il centinaio di microhenry (uH), quando si tratta di bobine per onde medie, e di uno o due microhenrv ( uH), quando le bobine sono adibite alla ricezione delle onde corte: mentre quelle per le onde cortissime presentano un'induttanza molto bassa, di un decimo di microhenry (uH) circa.
Quando una corrente elettrica variabile, per esempio quella alternata, attraversa il filo conduttore che compone una qualsiasi bobina, questa si avvolge spontaneamente di un campo elettromagnetico variabile, ovvero di una serie di linee di forza magnetiche, concatenate con la bobina stessa, le quali autoinducono una forza elettromotrice che va sotto il nome di "tensione autoindotta". E questa tensione assume un verso contrario a quello della tensione che l'ha generata, rivelandosi come una forza di inerzia o, meglio, di particolare resistenza al passaggio della corrente elettrica variabile. Tale resistenza. che nulla ha a che vedere con quella ohmmica, assume il nome di "reattanza induttiva" e si esprime, analiticamente, tramite la seguente formula:

 

XL = 2 x π x f x L

  

nella quale "f" misura la frequenza della corrente variabile che attraversa l'avvolgimento, mentre "L" ne misura l'induttanza.
Se la frequenza "f" viene espressa in hertz (Hz) e l'induttanza in henry (H), la reattanza induttiva è misurata in ohm, come avviene nelle resistenze elettriche, anche se con queste, lo ripetiamo, la reattanza induttiva non ha nulla a che fare.
Analizzando la formula già citata della reattanza induttiva, si può affermare che questa aumenta quando aumentano la frequenza della corrente che percorre I'avvolgimento e l'induttanza di esso.
È ovvio che, rappresentando la reattanza induttiva un ostacolo al passaggio della corrente. questa provochi, alla stessa stregua dei condensatori, una certa caduta di tensione nei circuiti in cui sono presenti bobine o, comunque, avvolgimenti. Ma una tale caduta di tensione avviene, almeno teoricamente, senza dissipare potenza elettrica. Perché la bobina immagazzina energia elettromagnetica, quando la corrente aumenta di intensità, e la restituisce quando la corrente diminuisce o cessa di scorrere.